Una riflessione di Enrica Consorti su Mara as Muse

Caro
Mario,
ho
tardato a raccontarti il mio sentire riguardo alla tua opera “Mara
as Muse”, ma, vedi, a volte, le parole, “certe parole”, mi
risuonano dentro così profondamente, che, prima, ho bisogno di
lasciarle decantare nei fondali della mia anima.
I
padri del deserto dicevano che la tentazione si annida lì dove c’è
il carisma. Spero che, in quello che leggerai, tu non possa trovare
sollecitazioni per quell’Io che tanto rifuggi.
Accade,
dunque, che quella “parola”, la tua, in apparenza senza
movimen-to, puro inchiostro su foglio bianco, si animi e si manifesti
con la forza primordiale del gesto, disvelando la sua potenza,
generatrice di verità universali.
Non
è pur vero che, a volte, manifestando un pensiero, si finisca,
spesso, per rivelarne inconsapevolmente un altro?
Tutto,
nel Creato soggiogato dalla materia, disegna un percorso che va
dall’ordine al caos. Ogni cosa nasce, si trasforma e muore. Solo
l’Amore, in sé considerato, non “necessita una trasformazione”,
perché semplicemente E’.
Pura
essenza di Colui che non cambia.
Se
accolto, l’Amore è esperienza di riabilitazione esistenziale, è
conoscenza illuminante, è principio di ordine all’interno del caos
variabile e, quando è senza limiti, è sostanza cosmica sempiterna
che risiede sulle frontiere stesse della dissoluzione.
Desidero
dirti, che il tuo linguaggio supera il sortilegio della ragione,
quando affermi, nella tua saggia intuizione, che “a volte, solo
frenando lo sviluppo , si può consentire alla creazione di dar vita
alle sue infinite manifestazioni”.
Un
po’ come ostruire, a metà percorso, una vena d’acqua sotterranea
e osservare come lo stesso liquido non fermi, per questo, il suo
incedere, ma trovi, invece nuove insenature da inondare, piccole
crepe e meandri, prima inesplorati, da vivificare, cambiando, così,
continuamente il paesaggio e creando nuove possibilità di vita.
Un
po’ come nell’intimo incontro tra amanti, quando il piacere
ultimo non è quell’apice rincorso ad ogni costo, ma è lo
scambiarsi la pelle, è l’intreccio di mani e cuori, in una danza
di infiniti rapimenti, a generare molecole di felicità, impulso
vitale dell’essere a due.
Meravigliosi,
quindi, i tuoi scatti, che si aprono a ventaglio verso rotte di una
sorprendente verginità e purezza, e i disegni evanescenti, dove
l’amata è colta in attimi eterni di sconcertante autenticità e
celeste armonia, oltre l’umano scorrere di Kronos e Kairos.
Lei
è dove le origini hanno la purezza incontaminata dell’essere e
dove il volo è lo stesso che un giorno vinse le sue paure.
Lei,
l’inafferabile, l’immensa… Creatura leggiadra e regale che sa
nascondersi al mondo e rivelarsi ad uno.
Meraviglioso….
Molte
altre sono le sensazioni, le riflessioni, che hanno luogo sotto il
livello della coscienza e che, la tua ispirazione sul “frenare lo
sviluppo”, mi suggerisce. Lontane, forse, dal tuo intento, ma che
mi hanno, altrettanto, aperta ad un contenuto di significato.
Come
quella che, solo frenando l’abbaglio di una visione forsennata e
indifferenziata del “Tutto”, si può consentire alla “parte”
di manifestarsi illimitatamente. Il “differenziato”, dunque, che
può esprimersi nella sua unicità.
Ma,
è riguardo al sistema “Vita”, che meglio si presta ad essere
accostato il tuo pensiero.
L’Intelligenza
Suprema, infatti, non ha avuto fretta di realizzare l’immenso sogno
di creare l’esistenza. Nella lentezza dei ritmi universali, ha
atteso che la diversità delle forme e la moltitudine delle
opportunità, si ramificassero e si esprimessero, strada facendo,
incarnando il cammino verso il Sesto giorno.
Non
accade, forse, anche a noi, quando rallentiamo il nostro vivere
affannato di ogni giorno, di riscoprire il ritmo del tempo e del
respiro? Di trovarci a recuperare, in modo nuovo, ciò che prima era
precluso, meravigliandoci della possibilità di godere l’attimo, la
presenza, il gesto, nutrimento di fede e consapevolezza?
Ah…
e poi con quanta delicatezza, ti addentri, in punta di piedi,
nell’universo femminile, dove, nella poetica dell’incontro umano,
celebri il mistero Donna…
Lo
fai con la sapienza di chi ha imparato a guardare oltre i veli,
accostandoti alla Verità, nel silenzioso rispetto della sacralità
di quell’anima compagna, rivestita di carne.
Chi
potrà mai comprendere appieno l’arcano disegno che la immise nel
Creato quando l’uomo pareva già bastare a se stesso?
L’eccezionale
dote che ella, ignara, reca in sè, la rende fermento, lievito
efficace a cambiare sorti, cuori, ad elevare la frequenza di chi è
attorno; ma è solo il raro incontro di lune, fatto di sguardi
complici e penetrazione di anime, a schiuderla al suo destino di Musa
e a prepararla con fiducia al volo.
Il
miracolo di un corpo sublime è ciò che la unisce alla terra, la
lingua dello Spirito che governa corpi e menti, è il suo idioma
innato, ma dove le orecchie in grado di intenderlo?
Con
le mani aperte, le consegni il tuo stupore, la raggiungi con il tuo
anelito, quasi reverenziale, perché, nell’estasi, hai “visto”
oltre l’apparenza, hai contattato il centro, vorticoso eppure
fluido, della pura essenza di colei che ha posato su di te lo
sguardo. Lei che è donna, madre, sacerdotessa, alba di redenzione…
Ho
letto, nel tempo, il canto di alcuni artisti del passato, rivolti
alla propria musa. Incantevoli.
Ma,
il tuo ha il privilegio di essere materia in movimento, è vivo,
spalanca occhi, invisibili alla ragione ed ha condotto me,
avventuriera dello spirito, in un viaggio di sconfinata libertà.
Grazie
di cuore.
Enrica